Venceslao, Cracovia, Matyaszkiewicz, 1725

 ATTO SECONDO
 
 Loggie.
 
 SCENA PRIMA
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ALESSANDRO, ERNANDO, GISMONDO, seguito di popoli, soldati, eccetera
 
 VENCESLAO
 Popoli, o come fausti
320al polonico regno
 volge il cielo i suoi lumi. Oggi si applaude
 a’ trionfi di Ernando. Il dì venturo
 fia sacro a’ miei natali. Oggi al valore
 dassi il piacer. Dimani
325ne avrà tutta la gloria il vostro amore.
 ERNANDO
 Anche la gloria, o sire,
 de l’aver vinto è tuo retaggio. Vinse
 con l’armi tue, col tuo gran nome Ernando.
 Tu core ed io ministro,
330tu reggesti la mano, io strinsi il brando.
 
 SCENA II
 
 LUCINDA con seguito e li suddetti
 
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
 più de l’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
335quella ch’estinto il genitor Gustavo
 di Lituania or regge
 le belle spiagge e ’l fertil suol, Lucinda,
 a te, la cui gran fama
 non v’è cui nota, o Venceslao, non sia,
340per alto affar me suo ministro invia.
 VENCESLAO
 Di sì illustre regina,
 la cui virtù sublime
 è fregio al debol sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni
345è mia gran sorte.
 LUCINDA
                                  Arresta,
 principe, i passi. A quanto
 dir mi riman, te vo’ presente.
 CASIMIRO
                                                        O inciampo!
 Costui, signor, mente l’ufficio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
350Questo che al re presento
 foglio fedele, questo dirà s’io mento. (Lucinda porge al re una lettera che sembra essere di credenza, il re l’apre e legendola guarda minaccioso il figliuolo)
 CASIMIRO
 Legge e minaccia.
 VENCESLAO
                                    (O note!)
 CASIMIRO
 (Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VENCESLAO
 (Che lessi?) Ah figlio, figlio! Opre son queste
355degne di te? Degne del sangue ond’esci?
 Tu cavalier? Tu prence?
 CASIMIRO
 Che fia?
 VENCESLAO
                   Prendi e rimira;
 que’ caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi;
360leggi pure a gran voce e del tuo errore
 dia principio alla pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
 «Per quanto ha di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
365a te, Lucinda, erede
 del regno lituano;
 e segna il cor ciò che dettò la mano».
 VENCESLAO
 Leggesti? A qual difesa
 tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
370Or ora il dissi. Un mentitore è questi,
 signor. Mentito è ’l grado,
 mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né vergai questo foglio
375né promisi imenei
 né mai la vidi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                        (O dei!)
 CASIMIRO
 E perché alcun de la mendace accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti
380or te, foglio infedele, il piè calpesti. (Straccia in molti pezzi la carta e poi la calpesta)
 VENCESLAO
 Tant’osi?
 LUCINDA
                    Casimiro,
 mentitor me dicesti. In campo chiuso
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
385tuo egual, che meco io trassi
 da’ lituani lidi,
 per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon de l’armi io non ricuso.
 LUCINDA
390Anziché cada il sole,
 tu, re, ’l concedi.
 VENCESLAO
                                 Assento
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            Ti aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    Sapesti lusinghiero
395schernire un fido amor;
 ma braccio feritor
 ti punirà.
 
    Vibrar l’acciar guerriero
 non è tradir l’onor
400di semplice beltà.
 
 SCENA III
 
 ERNANDO, poi ERENICE
 
 ERNANDO
 Non molto andrà che di Erenice in seno
 godrà l’amico. Io ’l nodo
 strinsi, affrettai, cor ebbi a farlo e ’l lodo.
 Lagrime, non uscite.
 ERENICE
405Ernando, a cercar vengo
 nel piacer de’ tuoi lumi
 una parte del mio.
 Io più volte riposi
 il mio cor nel tuo seno. Io vel lasciai,
410perché quel di Alessandro in lui trovai.
 ERNANDO
 Ripigliati, Erenice,
 ripigliati il tuo core.
 Ei mal soggiorna in compagnia del mio;
 e per solo conforto
415mi lasci nel partir l’ultimo addio.
 ERENICE
 Che? Un ingiusto divieto
 tanto rispetti? E tanto
 temi ne la mia vista
 d’irritar Casimiro?
 ERNANDO
420Altro temo, Erenice, altro sospiro.
 ERENICE
 Che mai?
 ERNANDO
                     Già nel mio core
 son reo. Lascia che almeno
 nel tuo viva innocente.
 ERENICE
 Ancor ten priego. Aprimi il cor, favella.
 ERNANDO
425Sia l’ubbidirti, o bella,
 gran parte di discolpa al mio delitto.
 Parli il labbro e ’l confessi,
 se pure a te sinora
 non disser gl’occhi miei che il cor ti adora.
 ERENICE
430Tu scherzi o sì amoroso
 a favor di Alessandro ancor mi parli.
 ERNANDO
 Chi può mirar quegl’occhi e non amarli?
 Ti amai dal primo istante in cui ti vidi;
 tel dissi ne l’estremo in cui ti perdo,
435quando al tuo cor nulla più manca e quando
 tutto, tutto dispera il cor di Ernando.
 ERENICE
 Dov’è virtù, dove amistade in terra,
 se la tradisce Ernando?
 Mi attendevi tu sposa
440per più offender l’amico?
 Per più macchiar?... Ma dove,
 dove il furor mi spigne e mi trasporta?
 Non è capace Ernando
 di tal viltà. Dar fede
445deggio, più che al suo labbro, al suo gran core.
 Fuorché di gloria, egli non sente amore.
 ERNANDO
 Non sento amor? T’amo, Erenice, t’amo
 ma da amico e da forte.
 Senza desio, senza speranza t’amo...
 ERENICE
450E m’ami, alfin vuoi dirmi,
 ma col cor di Alessandro, il mio tesoro.
 ERNANDO
 Sì sì, t’amo col suo, col mio ti adoro.
 ERENICE
 Vorresti ancor farmi adirar ma invano.
 ERNANDO
 Temono i rei la loro colpa. Io solo
455temo la mia innocenza.
 Voglio esser reo né posso.
 Deh più credi, Erenice,
 se ’l nieghi a le mie voci, al tuo sembiante.
 ERENICE
 Vanne, ti credo amico e non amante.
 ERNANDO
 
460   Parto amante e parto amico,
 che non nuoce amor pudico
 a la fede, a l’amistà.
 
    Se nol credi o te ne offendi,
 poco intendi
465la fortezza di quest’alma,
 il poter di tua beltà.
 
 SCENA IV
 
 ERENICE, poi CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Felice incontro. Arresta,
 bella Erenice, il piede.
 Quel che ti vedi inante
470non è più Casimiro,
 quell’importuno e quel lascivo amante.
 Egli è ’l prence, è l’erede
 del polonico scettro.
 Tuo amator ma pudico e che destina
475te al suo regno e al suo amor moglie e regina.
 ERENICE
 Come? Tu, Casimiro, erede e prence
 del polonico scettro,
 chiedi in moglie Erenice, il vile oggetto
 de l’impuro tuo affetto?
 CASIMIRO
480Sì, principessa. A quella fiamma, ond’arsi,
 purgai quanto d’impuro avea ne l’alma.
 ERENICE
 Vane lusinghe. Io veggio
 ancora in te quell’amator lascivo,
 de l’onor mio nemico,
485non per virtù ma per furor pudico.
 CASIMIRO
 S’errai, fu giovanezza e non disprezzo.
 ERENICE
 E s’io t’odio, è ragione e non vendetta.
 CASIMIRO
 Cancella un pentimento ogni gran colpa.
 ERENICE
 Macchia di onor non mai si terge; e spesso
490insidia è ’l pentimento.
 CASIMIRO
 Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, Casimiro?
 CASIMIRO
                                                            E meco
 tu regnerai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Con sembianze lusinghiere
495copri invan un certo inganno.
 
    Mal si cambia il falso ardore
 d’un infido e ingrato amore
 col patir d’un vero affanno.
 
 SCENA V
 
 CASIMIRO, poi GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Mie deluse speranze,
500non andrete impunite
 di un tal rifiuto.
 GISMONDO
                                In traccia appunto, o prence,
 di te venia.
 CASIMIRO
                        Che arrecchi?
 GISMONDO
 Quel che t’arde nel sen per Erenice
 indegno foco ammorza.
 CASIMIRO
505L’offerta d’un diadema,
 che le fece il mio amor, sprezzò l’ingrata.
 GISMONDO
 E sprezzarla perché? Per abbassarsi
 già sposa ad altri amplessi.
 CASIMIRO
 Come? Sposa Erenice? O dei! Ma dove?
510Quando? Con chi?
 GISMONDO
                                     Ne la ventura notte
 è stabilito il nodo.
 CASIMIRO
 Così vicina ancora
 la mia sciagura? E certo il sai?
 GISMONDO
                                                          Poc’anzi
 da Ismene, a me germana e di Erenice
515la fida amica, il tutto intesi.
 CASIMIRO
                                                     Ah troppo,
 Gismondo, intesi.
 GISMONDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
 È tempo, sì, di vendicarsi. Iniqua!
 Ingratissima donna!
 Ma nel rival superbo
520ti punirò. Troppo forzai lo sdegno
 e l’amor rispettai; morrà l’indegno.
 GISMONDO
 No, mio signor...
 CASIMIRO
                                 Gismondo,
 parto col mio furor; tu taci il tutto.
 GISMONDO
 (Straggi preveggo e lutto).
 CASIMIRO
 
525   D’ire armato il braccio forte
 piaghe e morte
 implacabile vibrerà.
 
    Duolmi sol che il fier rivale
 sotto a questo acciar reale
530di cader la gloria avrà.
 
 SCENA VI
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Io mi credea che di Erenice al nodo
 sciolto cadesse e infranto
 quello di Casimiro; e nel suo cuore
 credei servir, Lucinda, al tuo dolore.
535Ma in lui la grave offesa
 risveglia l’ire e non ammorza il foco.
 Disprezzo il fa costante;
 più feroce ei divien, non meno amante.
 
    D’aspri nodi amor chi cinge
540se li scuote più li stringe
 né più sciolto il cor sen va.
 
    E peggior la prigionia
 fa che sia
 sol pensar di libertà.
 
 Fine dell’atto secondo